Incontrando il professor Radaelli, i ragazzi di terza media, hanno scoperto che una finestra qualsiasi da limite può diventare apertura alla realtà, questo permette di capire che, in questi giorni in cui le porte devono essere chiuse, si può però aprire la finestra più importante: il cuore, e attraverso di esso comprendere di più la quotidianità che racchiude in sé la bellezza e la verità.
“L’arte ci svela noi stessi e la realtà”. Con questa frase è cominciato l’incontro delle classi terze con il professor Marco Radaelli. Ma come è possibile? Questo accade perché l’arte ci rappresenta. E se l’arte ci rappresenta e riesce a svelare noi stessi e la realtà, allora è portatrice di bellezza e verità.
Il professor Radaelli per farci capire il valore dell’arte ci ha proposto un percorso sulla finestra. Siamo partiti constatando che attraverso di essa si può vedere il panorama che è sempre, e per tutti, non solo bello ma anche vero. Pensiamo invece alle magnifiche vetrate del Duomo di Milano da cui non si vede nessun paesaggio, ma dove la semplicissima finestra assume il compito di raccontare la vita di Gesù in persona. Egli, ancora una volta, ci appare in una forma che non è consona alla sua grandezza divina, ma nella quale noi possiamo incontrare bellezza e verità. Persino una finestra è frutto dell’arte.
Le finestre che ci proteggono dal vento e dal freddo, possono anche costituire un limite che impedisce di avere rapporti con l’esterno, chiudendoci in noi stessi, dentro al nostro spazio privato, ma se le si legge con lo sguardo giusto, possono portare all’incontro con la vera realtà.
Una finestra chiusa va affrontata perché, se si sconfigge il limite che quel rettangolo rappresenta, diventa un’inquadratura della vita. L’ostacolo si trasforma nella cornice di un quadro, una parte che appare secondaria, ma che fa capire che ciò che contiene è veramente importante. Allora tutto diventa più vero: quando si apre la finestra non c’è più un’immagine confusa dai riflessi, non c’è più nemmeno il vetro che ti ferisce se cerchi di oltrepassarlo, ma c’è la realtà, nitida, pronta ad accoglierti.
Nella vita bisogna fare uno sforzo e capire che aprire le proprie finestre serve. Anche se questo entrare nella realtà comporta sacrifici. Bisogna imparare a sbagliare e a farsi correggere. Si deve permettere che qualcuno ci inviti a seguirlo e si deve poi scegliere se quella che ci viene indicata è la strada giusta per ciascuno di noi, per la propria felicità. Conviene farlo, anche se è difficile ammettere la propria debolezza davanti ad un altro e nonostante la scelta comporti molta fatica. Non bisogna spaventarsi, perché poi si conosce uno nuovo modo di vivere. Si riesce ad arrivare a capire il significato della vita grazie alla compagnia con cui si è scelto di stare. Se non lo si fa si rimane chiusi nella propria stanza, con il rimorso di non aver nemmeno provato a capire le nostre domande. La vita rimane senza significato: un viaggio che, per il timore di un imprevisto, non è neppure cominciato.
L’incontro con il professor Radaelli, in cui una finestra qualsiasi da un limite è diventata un’apertura alla realtà, ci permette di capire che, in questi giorni, in cui tutta l’allegria dei compagni e l’ansia prima della verifica sono rinchiuse in uno schermo, costretti alla didattica a distanza, e le porte devono essere chiuse, rimane da aprire la finestra più importante: il nostro cuore. Attraverso di esso possiamo comprendere di più la quotidianità che ci è tolta e che magari ci è sempre sembrata banale, ma che racchiude la bellezza e la verità. La finestra è quindi uno strumento attraverso cui si può arrivare alla felicità.
Caterina Tardini